Il
Natale cristiano
di
Padre Livio
Fanzaga |
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Natale, forse più ancora delle altre feste cristiane, compresa la
Domenica, è stato investito da un'ondata di secolarizzazione che ha
ridotto l'evento centrale della storia dell'umanità a un'orgia
consumistica. Natale di chi? Molti neppure se lo chiedono. Il
festeggiato, che dovrebbe essere Gesù Bambino, viene oscurato dalla
figura bonacciona di Babbo Natale. Invece della grotta di Betlemme i
negozi, e invece della grazia della redenzione i regali. Il fenomeno
ci rattrista, ma non ci sorprende. Il paganesimo è sempre nascosto
in qualche angolo del cuore, mentre il cristianesimo è una grazia
che occorre continuamente conquistare e conservare. Il mondo celebri
pure i suoi miti, ma il cristiano non si lasci catturare. È
fondamentale che almeno i credenti vivano il Natale come un evento
di fede e di grazia. Detto nel più semplice dei modi, la festa di
Natale è il compleanno di Gesù Cristo. È nella notte del 25 dicembre
di oltre duemila anni fa che il Figlio di Dio fatto uomo è stato
donato al mondo dalla Vergine Maria. Noi celebriamo con la massima
solennità questo evento centrale del cristianesimo, perché la nostra
fede ha come suo punto di riferimento la persona di Gesù. Il 25
marzo celebriamo la festa dell'Annunciazione, quando il Verbo di
Dio, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel grembo della
Vergine Maria. Nove mesi dopo la Piena di Grazia dà alla luce il
Figlio, che è nel medesimo tempo suo Figlio e il Figlio di Dio. Quel
Bambino che Maria e Giuseppe, insieme ai pastori accorsi al canto
degli angeli, adorano deposto in una mangiatoia è il Salvatore del
mondo.
La grandezza immensa del Natale corrisponde a quella del
Festeggiato. È una grandezza divina, perché il cuore della fede
cristiana è la divinità di Gesù Cristo. Guardando a quel Bambino,
che Maria porta in braccio, noi vediamo il volto di Dio. È possibile
vedere il volto di Dio con i nostri occhi? Sì, è possibile, perché
Dio ha inviato il suo Verbo perché si facesse uomo e divenisse in
tutto simile a noi, fuorché il peccato. Il volto di Dio che ci
presenta il Natale è quello dell'umiltà, della tenerezza e della
familiarità. Guardando a quel Bambino che ci sorride aprendoci le
braccia, come sarebbe possibile avere paura di Dio? Quel Bambino ci
dice che Dio è accessibile, è accogliente e merita la nostra fiducia
assai più dei grandi di questo mondo. Maria, che lo ha portato nel
grembo nove mesi e che lo ha generato nel gelo di una notte
invernale, ce lo rende ancora più vicino, perché porta il sigillo
della sua somiglianza. Avranno notato i pastori come quel Bambino
divino assomiglia alla Madre? Il Natale cristiano è tale se è
fondato sulla fede. Per celebrarlo è necessario rinnovare con
fermezza la nostra fede nella divinità di quel Bambino. Il Figlio di
Maria è il Figlio di Dio. Per questo egli è l'unico Salvatore del
mondo. È l'unico, perché solo di Lui, e di nessun altro, noi
possiamo dire: «È vero Dio e vero uomo». Ed è per questo che il
Concilio di Efeso ha solennemente proclamato Maria "Madre di Dio".
Il significato di questa espressione riguarda innanzi tutto il
Figlio di Maria, che non è un bambino come tutti gli altri, ma è il
Figlio dell'eterno Padre che ha assunto la nostra natura umana. Ma
nel medesimo tempo indica la grandezza sconfinata di Maria che ha
concepito, prima nella fede e poi nella carne, colui che è «Dio da
Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero».
Il Natale è un evento di fede che si rinnova ogni volta che lo
celebriamo. A Natale la Chiesa non solo ricorda la nascita del
Redentore, ma soprattutto la rivive. Infatti Gesù Cristo è vivo,
ieri, oggi e sempre, ed Egli dona oggi alla sua Chiesa la grazia del
Natale. L'evento che Maria, Giuseppe e i pastori hanno vissuto nella
realtà storica, noi oggi siamo chiamati a riviverlo nei nostri
cuori. Ciò che è accaduto a Betlemme deve rinnovarsi nel cuore di
ogni cristiano. In che modo?
Innanzi tutto è necessario preparare la culla del nostro cuore,
perché è in esso che nasce di nuovo il Salvatore del mondo. La
tradizione unanime sottolinea che il Natale deve essere un
avvenimento interiore. Forse in nessuna altra festa dell'anno il
popolo cristiano accorre così numeroso al confessionale. Benché il
precetto della Chiesa richieda di confessarsi almeno una volta
all'anno, in particolare in occasione della Pasqua, la gente sente
il bisogno di purificare il proprio cuore soprattutto in occasione
del Natale. Perché questo? Forse perché percepisce con l'istinto
della fede che è nel cuore di ognuno di noi che si celebra l'evento
della nascita del Redentore.
La purificazione del cuore avviene attraverso una confessione ben
fatta. È necessario prepararla per tempo con la preghiera e l'esame
di coscienza, senza aspettare la ressa delle ultime ore.
È una tragica illusione pensare di celebrare il Natale di Cristo
senza essere in grazia di Dio. Perché la confessione sia ben fatta
deve rappresentare un decisivo passo avanti nella propria vita
spirituale. Non serve molto confessarsi alla vigilia di Natale ed
essere pronti a cadere in peccato mortale già nel giorno di S.
Stefano.
Col cuore purificato siamo pronti a vivere l'evento di grazia che è
senza dubbio rappresentato dalla Messa di mezzanotte. Nel momento
della S. Comunione il Figlio di Dio fatto uomo entra nel nostro
cuore e vi riversa, fra le tante grazie, anche quella speciale del
Natale. È una grazia di umiltà, di infanzia spirituale, di tenerezza
e di pace. Accogli questa grazia che il Salvatore ti dona e rivivi
nel tuo intimo lo stupore e la gioia dei pastori che contemplavano
Dio nel volto sorridente di un Bambino. Questo è l'essenziale del
Natale, ma non è tutto. È necessario fare un cammino di preparazione
insieme alla propria famiglia e alla propria parrocchia. I cristiani
devono tenere alle loro belle tradizioni e rinverdirle in questi
tempi aridi di ritorno al paganesimo. Di qui l'importanza di
costruire il presepio nelle case, coinvolgendo i propri bambini. Il
presepio rende visibile l'evento storico della nascita di Gesù ed è
un invito per la famiglia a pregare insieme davanti alla culla. In
questo modo la fede si rafforza, i cuori si riconciliano e genitori
e figli si rispecchiano nel modello della S. Famiglia di Nazareth.
Anche l'albero di Natale ha un significato cristologico, perché Gesù
è l'albero sempre verde della vita immortale, che Egli ci ha donato
morendo sul legno della Croce. Insieme al presepio e all'albero non
possono mancare i canti di Natale, che ci sono stati consegnati da
una straordinaria tradizione popolare. Bisogna insegnarli ai bambini
nelle case e nelle parrocchie. E sono proprio le parrocchie che
dovrebbero riproporre la novena di Natale come itinerario
controcorrente nei giorni convulsi della corsa agli acquisti che
precedono la vigilia. E i regali? Ben vengano anche loro, come
espressione di un cuore veramente natalizio, riconciliato e colmo di
bontà. Com'era bello quando i bambini aspettavano i regali da Gesù
Bambino! Anche Lui, il festeggiato, aspetta con ansia un regalo. È
il nostro cuore che Egli ha creato per sé e che trova riposo
soltanto nel suo amore.
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