In
fondo, era un cerimoniale che si ripeteva a mezzodì di ogni giorno
con una regolarità impressionante ed una osservanza di copione
talmente stretta da apparire un tutt'uno con l'ambiente a cui
aggiungeva quel solo pizzico di vita necessario per sottrarlo ad una
"istantanea" di altri tempi.
Lungo
il Suo incedere verso il desco familiare, traspariva dalla Sua
calma, dai canuti capelli mai scomposti, dal Suo discreto,
sottilissimo fischiettare quel certo autocontrollo, quella serafica
sicurezza difficilmente in debito verso i problemi del quotidiano.
Il
palcoscenico della Sua vita, però, era il Suo amatissimo forno,
rifugio ufficiale per gli indigeni, luogo deputato a confortare gli
infreddoliti abitanti di via Mancari e dintorni, assisi su cui si
infrangevano i problemi nazionali e regionali con relative panacee.
Già,
proprio via Nino Mancari !
Quella
via che caratterizzò, per vari aspetti, la personalità di don
Calogero nei Suoi pubblici rapporti, specie col Suo essersi
improvvisato titolato a risolvere problemi di "onomastica
stradale" più vicina alla fruizione del bene comune.
Infatti,fu
così che "mister" Paparoni, contro ogni legittima
reazione di piazza, decise, in barba al Consiglio Comunale ed
all'Istituto Storia Patria, che il vero nome di quella via fosse
"Pignatelli" (ossia,via Curtigghiu) per quelle tante sedie
destinate a riceversi poderosi "posteriori" da ristorare
con legittime proprietarie proiettate a rinfocolare recidivanti
intrighi di proprietà del prossimo.
Obbligato
protagonista giornaliero, manco a dirlo, proprio Lui, don Caloriu
Paparuni!
Comunque,
a parte la Sua famosissima trovata, aveva un Suo modo
personale di affrontare il tran-tran del consueto, inventandosi
situazioni su misura atte ad assestare un placido calcione nel
sedere alla noia del ripetitivo.
Così,
inimitabile caposcuola, divenne, Suo malgrado (!?), poliglotta,
essendo stato eletto tale nell'immaginario collettivo ( in quanto
nato a Broccolino-USA) interprete ufficiale per i pochi turisti di
lingua anglosassone, presenti in loco.
Ma
nessuno ebbe mai il minimo sospetto che le "Sue lingue" si
limitassero alle due di casa nostra essendo che, i malcapitati,
sebbene il dialogo dimostrasse una certa quale fonetica
pertinenza, se ne andavano con qualche "pane" in più, ma
anche con qualche cognizione in meno. Insomma, l'inglese, turco per
il signor Paparoni, non era altro che l'occasione per cogliere al
volo per colpire con la Sua inossidabile sagacia.
Si
racconta di Lui di aver proprinato all'ignaro prossimo cioccolatini
purgativi e di essersi beato dei risultati;di aver ammannito,
gratuitamente, focacce intrise di polpa di pale di fichidindia
trovate veramente deliziose, di aver rifilato forme di pane tanto
salate o pepate da rimetterci le papille gustative.
Ma
il signor Paparone era anche quell'abile e fine conversatore che
lasciava all'incauto interlocutore il gusto della
"ricerca" (ossia, il bisogno di cercare, a proprie spese,
dove finiva il "vero" e cominciava la
"finzione").
Fu
sottratto dalla Dama Falcata a questo mondo nel 1990, ad 81 anni d'età.-
Tano Raneri
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