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Per
non dimenticare... |
Padre
Arciprete Mancari |
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Chiamarlo
per nome era un vezzo del gentil sesso che, proprio per quella sorta
di feeling che si crea col Parroco, non rinunciava al confidenziale
"Padre Peppino". Chi, invece, ricorreva al suo titolo, per
così dire, istituzionale erano tutti gli altri. Cioè, tutti quelli
che contenevano il trasporto entro limiti più formali, non scevri
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affetto
e rispetto dovuti al prelato e a chi per primo guidò le sorti della
chiesa locale. Ma Padre Mancari, quasi mai! Nessuno si sarebbe
sognato di servirsi del cognome,
cosicchè il ricorrervi potesse creare un inconcepibile, abusivo,
inutile diaframma. Infatti, era appena noto che l'Avvocato Ernesto
Mancari, primo tra i "primi cittadini" di Capo
d'Orlando, a cui Egli sopravvisse per tanti anni, fosse suo
fratello. Ma ciò non per una questione di ritaglio sociale, quanto
per quel certo "non so che" che crea attorno al Parroco
una specie di vuoto parentale, perchè ognuno lo senta vicino nella
misura e nel "grado" che crede.Di "patrarcipreti"
era noto tutto. Si sapeva che amava il "toscano" ; che
apprezzava un buon bicchiere di genuino nettare di vite; che non
disdegnava la capatina al "Circolo Aurora" ; che molto
volentieri delegava ad altri le proprie incombenze, preferendo
lasciare per se gli aspetti ufficiali. Malgrado, però, questa sua
leggera indolenza, si sottoponeva volentieri a lunghissime file di
"fratelli carissimi" che volevano a Lui affidare la
remissione delle loro colpe, proprio per la sua delicatezza
nell'intuire il disagio della confessione. Più che il confessore,
dunque, era il confidente di una classe che cominciava a balbettare
le sue prime responsabilità e che iniziava a percorrere un suo
cammino. Le sue celebrazioni scandivano i giorni di festa ed,
immancabilmente, gioia e festeggiamenti andavano di pari passo in
simbiosi con la sua figura, ma non con le sue omelie che, affidate
alla viva voce, non valicavano le prime file della Chiesa. E di
questo ne era consapevole,tanto che raramente era prolisso. Un corpo
avvolto da una lunghissima tonaca, chiusa da un rosario di bottoni,
più vicino al Guarreschiano don Camillo, che non al nostro amato
Vescovo, non rendevano giustizia al suo carattere ed ai suoi modi
sobri e delicati. Ciò nonostante, traspariva dal Suo lento incedere
una compostezza tale da suscitare rispetto in tutti, in momenti
particolarissimi della vita politica italiana. Rese l'anima a Dio
nel 1964, ad 82 anni, in pace con se stesso, avendo contribuito alla
formazione morale dei Suoi concittadini ed a gettarne le basi per
una crescita spirituale i cui effetti sono evidenti ancora oggi.
Tano Raneri |
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